Ca’ del Duca 3052, Corte del Duca Sforza
San Marco, 30124, Venezia, Italy
Tue – Sat 10am – 6pm
La prima edizione di (un)fair, in programma dal 8 al 10 Aprile 2022 negli spazi del Superstudio Maxi, grazie al supporto di Whitley Neill, è lieta di ospitare AKKA Project, una galleria – e non solo – che ha un rapporto speciale con l’Africa.
Se in fiera troverete esposte le opere degli artisti legati al progetto di residenze d’artista fortemente voluto dalla fondatrice di Akka Project, Lidija Kostic Khachatourian, vi lasciamo qui una bella anteprima: abbiamo chiesto a Lidija di rispondere a qualche domanda sulla galleria, sull’arte contemporanea africana e sul collezionismo internazionale.
Consideratela però solo un’introduzione: il vero appuntamento è in fiera, venerdì 8 Aprile alle 17 per un talk per approfondire alcune tematiche sull’arte contemporanea in Africa con Lidija Kostic Khachatourian ed Elisabetta Roncati.
Ciao Lidija, intanto grazie per aver accettato di portare ad (un)fair questo progetto. Sono poche le realtà in Italia che si occupano di arte contemporanea africana: ci racconti qualcosa di te e di come nasce AKKA Project?
Sono Lidija Kostic Khachatourian, ideatrice e fondatrice di AKKA Project. Sono cresciuta tra la Serbia e la Svizzera Italiana e dopo una formazione e un’iniziale avvio di carriera come contabile in ambito finanziario, mi sono ritrovata a constatare una profonda insoddisfazione nei confronti degli aridi numeri che occupavano le mie giornate. Ho sempre provato una forte attrazione nei confronti del mondo dell’arte e dei suoi protagonisti ma la reale svolta della mia esistenza è avvenuta a partire dal 2008 con il mio trasferimento a Dubai. Accompagnata dalla mia famiglia ho cominciato a viaggiare per il continente africano con il desiderio di scoprire le realtà artistico creative che vivevano e prosperavano fuori dai canali commerciali turistici. Ha cominciato così a formarsi una collezione privata di opere firmate da ragazzi e ragazze giovanissimi, con talento indiscusso ma poca visibilità. Il motore invisibile che mi portò a decidere di fondare e aprire AKKA Project fu proprio l’idea e il desiderio di creare uno spazio in cui menti e mani creative potessero mostrare al mondo le proprie doti, divenendo accessibili anche a tutti coloro non fossero in grado di recarsi personalmente nel continente africano.
Da cosa nasce la scelta di Venezia e Dubai come sedi per Akka Project?
Come accennato sopra, dal 2008 io e la mia famiglia ci siamo trasferiti a Dubai. Essendo dunque quella la mia nuova casa, la prima sede di AKKA Project nacque in terra araba per motivi naturali. La scelta di Venezia richiede invece l’apertura di una piccola parentesi. Quando si parla di Venezia sento spesso dire o la ami o non la sopporti. La mia storia non parla esattamente di un amore a prima vista con la città’, anzi direi tutt’altro. Ricordo ancora la mia prima visita, sotto la pioggia, tra umido, calli strette e il passeggino di mio figlio; non certo uno spettacolo. Solo con il passare degli anni, influenzata dall’amore che mio marito provava per la città dove aveva trascorso alcuni anni da studioso, cominciai ad aprire gli occhi. Ad oggi non riesco ad immaginare la mia vita senza Venezia e la sua energia placida e vibrante che sopravvive a ritmo d’uomo e che mantiene la magia di tempi passati. Ogni angolo, nascosto o divorato dagli occhi dei turisti, ispira storia e arte. Dovevo lasciare la mia impronta.
Qual è la tua percezione del collezionismo italiano? C’è interesse per gli artisti emergenti africani?
Ritengo che il collezionismo italiano si differenzi notevolmente da quello “internazionale” nei confronti dell’arte africana.
In prima analisi dobbiamo precisare che nelle grandi città d’arte europee ed extraeuropee l’arte africana contemporanea, non rappresenta un’ assoluta novità ma meglio una realtà in costante crescita con aumenti fino al 200% delle quotazioni riscontrati già nel 2019. In Italia, la situazione rimane differente: l’arte africana è ancora un qualcosa di vago per la maggioranza del pubblico – precisiamo che esistono le eccezioni!
Un’ulteriore analisi riguarda “Il collezionista tipo” che si può incontrare nella sede di Dubai, caratterizzato da un approccio istintivo – impulsivo all’acquisto. Potrei dire che nel collezionismo estero non ci si scontra con il grande sistema nascosto del collezionismo europeo che preveda una maggiore coccola dell’acquirente. Nonostante le dovute e giustificate differenze, e tralasciando gli anni difficili vissuti da tutti noi, riscontro un sempre crescente interesse per la scena artistica africana che sta lentamente guadagnando una posizione di rispetto nel panorama artistico contemporaneo italiano.
Si tende a parlare molto genericamente di arte africana o artisti africani comprendendo così la scena di un intero continente, con tutte le differenze che può contenere. Quali sono i principali centri (dal punto di vista geografico) per l’arte contemporanea, in Africa? E qual è la risonanza che hanno nel circuito occidentale?
Come giustamente detto sopra, parlando di Arte Africana ci riferiamo alla produzione artistica di un intero continente e questo ci è sufficiente per comprendere quanto tutto ciò sia riduttivo e incorretto. Noi stessi come galleria, ci definiamo specialisti in arte africana nonostante nella realtà trattiamo solo alcuni paesi. Rintraccio personalmente la spiegazione a questo approccio, da un lato nella difficoltà a livello comunicativo, di parlare di focus e dall’altro in un retaggio storico culturale che ha sempre visto la divisione delle espressioni artistiche europee in singoli stati di provenienza mentre un approccio più inclusivo e generalizzato parlando di grandi continenti.
Concentrandosi sui grandi e principali centri per l’arte africana dobbiamo certamente partire dal South Africa, nello specifico da Cape Town dove ha sede il più grande museo di arte contemporanea africana, lo Zeitz MOCAA – Museum of Contemporary Art Africa e dove alcune delle personalita’ piu influenti della scena artistica contemporanea, vivono e lavorano. Citiamo, non a caso, William Kentridge, che quando si inaugurò lo Zeitz Mocaa a Cape Town, aprì una fondazione a Johannesburg, il Centre for the Less Good Idea, nel quartiere creativo Arts on Main. Seguendo la scia delle grandi istituzioni ci spostiamo praticamente agli antipodi, incontrando la scena artistica del Marocco. Qui troviamo il MACAAL – Musée d’Art Contemporain Africain Al Maaden di Marrakech. E ancora, figurano il Ghana e la Nigeria. Il primo, sulla scia del successo ottenuto con il Padiglione nazionale ghanese alla Biennale 2019 e maturando una maggiore consapevolezza dell’importanza di far crescere i giovani artisti locali, ha visto la nascita di programmi di residenze d’artista come la Noldor Artist Residency. Per quanto riguarda la Nigeria e più ampiamente l’area dell’Africa Occidentale, userei le parole di Bisi Silva, direttrice del Centre for Contemporary Art di Lagos, in Nigeria, che afferma che “vi è una vitalità e un dinamismo che sconfina quasi in un senso di urgenza”. A comprova del sempre emergente ruolo dell’arte contemporanea africana nel panorama artistico globale e’ sufficiente osservare la nascita di fiere Internazionali dedicate come 1:54 Contemporary African Art Fair, fondata nel 2013 da Touria El Glaoui, con edizioni a Londra, New York, Marrakech e Parigi, l’istituzione di sezioni specifiche da parte di grandi case d’asta, mostrando un parallelo sviluppo di un collezionismo internazionale qualificato oltre ai grandi musei sopra citati.
Ad (un)fair presenterai degli artisti che hai ospitato in residenza a Venezia. Come li hai selezionati? E come sono stati influenzati i loro lavori da questo periodo di permanenza in laguna?
Il programma di residenze d’artista è nato nel 2019 con l’apertura della sede di Venezia. L’idea madre è sempre stata quella di assistere in prima persona all’incontro tra artisti giovani, emergenti e non necessariamente nati e formatisi in ambiti accademici, con la città di Venezia dove ogni pietra e angolo respirano arte. Rodrigo Mabunda fu il primo ad aprire le danze, sperimentando la città al massimo della sua venezianità, vivendo la famosa acqua alta del 12 novembre 2019. Rodrigo, trae ispirazione per le sue creazioni, dalle strade, i rumori e la gente della sua città. Il corpo di opere proposte al termine della sua esperienza, mostra inequivocabilmente come, pur rimanendo fedele al suo stile, Rodrigo sia stato profondamente influenzato dal cambio di scenario: i suoi mille corpi, blu e neri, uniti in un’unica massa danzante, si muovono sinuosi tra i banchi del pesce di rialto, le gondole che navigano placide sull’acqua e le strette calli della città. Se Rodrigo ha vissuto l’acqua alta, Kelechi Nwaneri come secondo ospite è arrivato in città nell’ottobre 2020 in una Venezia che sembrava uscita dalla mano di De Chirico. Calli e campi vuoti dove non riecheggiavano più mille lingue sulle pareti dei Palazzi ma solo arrotolate “r” dei veneziani che si erano ripresi i loro spazi. L’assurdità del reale è stata fonte inesauribile di ispirazione per un artista come Kelechi che trasforma senza interventi esterni, la realtà in surrealismo tinto di tribale. Cyrus Kabiru è approdato a Venezia verso la fine dell’estate del 2021. Per quanto riguarda lui, la sfida più avvincente è stata rappresentata dal coniugare il suo stile fatto di creazioni che nascono dalla combinazione di oggetti di scarto e ritrovati, con una città in cui non risulta così facile reperire biciclette abbandonata per le calli. E’ stato senza dubbio illuminante assistere alla nascita dei processi creativi di un artista come Cyrus in grado di intravedere in un grezzo pezzo di legno una radio pop. Il 2022 vedrà invece come ospite l’artista ugandese Pamela Enyonu. Traendo ispirazione dall’analisi di tematiche universali come il senso di identità e di consapevolezza e passando attraverso la rielaborazione di esperienze personali, Pamela è in grado di creare opere estremamente coinvolgenti in cui il suo mondo personale diventa accessibile e tangibile al pubblico. Non vediamo l’ora di assistere al suo incontro con Venezia e ancora più alla genesi di un corpo di opere che siamo certi sarà unico e ammaliante.
Invece che porti la domanda scontata su quali sono i nomi su cui investire, ti chiediamo: come e dove possiamo trovare delle informazioni interessanti sulla scena artistica contemporanea africana?
Trovo questa domanda estremamente interessante dal momento che io stessa mi sono affacciata più volte alla difficoltà di reperire informazioni interessanti e un quadro generale adeguato della scena artistica contemporanea africana. Proprio da questo presupposto è nata Art And About Africa. AAAA è una piattaforma online unica nel suo genere che mappa ed elenca artisti, spazi creativi, gallerie, eventi, musei, istituzioni d’arte – e qualsiasi altro luogo legato all’arte – in tutto il continente africano. La piattaforma online, concepita in un mondo pre-covid, gratuita e user-friendly consente alle persone di potersi organizzare un viaggio nell’arte del continente africano essendo in contatto diretto con gli spazi e i personaggi da scoprire.
Ringraziamo Lidija Kostic Khachatourian per Akka Project e Whitley Neill per averci permesso di parlare di arte contemporanea africana ad (un)fair.