Ca’ del Duca 3052, Corte del Duca Sforza
San Marco, 30124, Venezia, Italy
Tue – Sat 10am – 6pm
DALLA PAROLA ALLA CARNE, ALL’ARTE
“La parola si fece carne”, e oggi diviene arte. La Santa Sede sperimenta. E dal 9 maggio torna, per la seconda volta nella sua storia, alla Biennale di Venezia con un padiglione di arte contemporanea dedicato. “Arte e fede da sempre sono sorelle – ha detto il cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e anche commissario del padiglione – entrambe hanno nel loro imprinting l’andare oltre il derma della realtà e farle camminare insieme è un atto religioso e non solo di promozione artistica”. Così per la seconda volta, la Santa Sede sarà a Venezia, nello stesso padiglione della scorsa edizione, all’Arsenale.
“La parola si fece carne”, e oggi diviene arte. La Santa Sede sperimenta. E dal 9 maggio torna, per la seconda volta nella sua storia, alla Biennale di Venezia con un padiglione di arte contemporanea dedicato. “Arte e fede da sempre sono sorelle – ha detto il cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e anche commissario del padiglione – entrambe hanno nel loro imprinting l’andare oltre il derma della realtà e farle camminare insieme è un atto religioso e non solo di promozione artistica”. Così per la seconda volta, la Santa Sede sarà a Venezia, nello stesso padiglione della scorsa edizione, all’Arsenale.
TRE ARTISTI: UNA COLOMBIANA, UN AFRICANO, UNA MACEDONE
Il tema dell’allestimento e delle opere degli artisti, parte, come voluto da Ravasi, dal Nuovo testamento e dal prologo del vangelo di Giovanni: “In Principio… la parola si fece carne”. Da queste parole e da questo “nuovo inizio” (nella precedente edizione di due anni fa si partì dall’inizio della Genesi nell’Antico testamento), l’arte contemporanea si mette in gioco per provare a “squarciare l’infinito”. Ed è curioso che dopo la loro completa assenza di due anni fa, in questa edizione su tre artisti, due siano donne. I due poli essenziali intorno a cui si articola la struttura del Padiglione, curato da Micol Forti (responsabile della collezione arte contemporanea dei Musei Vaticani) sono dunque il fulcro della riflessione dalla quale prendono vita le opere dei tre artisti di tre generazioni diverse e comunque, emergenti, Monika Bravo, colombiana, Mario Macilau, africano ed Elpida Hazdi Vasileva, macedone, che come racconta la curatrice, “sono stati individuati dopo una lunga selezione, seguendo alcuni precisi criteri come la consonanza del percorso col tema prescelto, la varietà delle tecniche artistiche, l’internazionalità e la diversità di provenienza geografica e culturale, e soprattutto il carattere ancora aperto e in evoluzione della loro ricerca”.
Il tema dell’allestimento e delle opere degli artisti, parte, come voluto da Ravasi, dal Nuovo testamento e dal prologo del vangelo di Giovanni: “In Principio… la parola si fece carne”. Da queste parole e da questo “nuovo inizio” (nella precedente edizione di due anni fa si partì dall’inizio della Genesi nell’Antico testamento), l’arte contemporanea si mette in gioco per provare a “squarciare l’infinito”. Ed è curioso che dopo la loro completa assenza di due anni fa, in questa edizione su tre artisti, due siano donne. I due poli essenziali intorno a cui si articola la struttura del Padiglione, curato da Micol Forti (responsabile della collezione arte contemporanea dei Musei Vaticani) sono dunque il fulcro della riflessione dalla quale prendono vita le opere dei tre artisti di tre generazioni diverse e comunque, emergenti, Monika Bravo, colombiana, Mario Macilau, africano ed Elpida Hazdi Vasileva, macedone, che come racconta la curatrice, “sono stati individuati dopo una lunga selezione, seguendo alcuni precisi criteri come la consonanza del percorso col tema prescelto, la varietà delle tecniche artistiche, l’internazionalità e la diversità di provenienza geografica e culturale, e soprattutto il carattere ancora aperto e in evoluzione della loro ricerca”.
SPAZIO FLUIDO, OPERE IN DIALOGO
Le loro opere saranno inserite un padiglione che l’architetto Pulitano ha pensato come uno spazio fluido dove potranno “dialogare” insieme tra loro e con lo spettatore in una soluzione discreta e di continuità. Monika Bravo ha realizzato una installazione digitale con sei pannelli che riproducono immagini della natura e forme geometriche dove i versi del prologo di Giovanni si compongono e si muovono dando diverse prospettive allo spettatore. Mario Macilau, giovane artista del Mozambico e fotografo è rimasto molto colpito dalla parabola del Buon Samaritano e proporrà dodici immagini artistiche di “quello che non vogliamo vedere”, paesaggi che sono discariche, bambini che lavorano, tutto quello che si svolge in strada sotto i nostri occhi e noi facciamo finta di non vedere e passiamo oltre nella nostra indifferenza. E finalmente gli ultimi saranno lì fotografati e immobili per essere visti. Elvida Hazdi Vasileva artista macedone proporrà un’opera che ricorda “la tenda del Signore” con elementi organici, pelli ed elementi di scarto riassemblati e rivisitati come un paesaggio di nuova vita e incarnazione.
Le loro opere saranno inserite un padiglione che l’architetto Pulitano ha pensato come uno spazio fluido dove potranno “dialogare” insieme tra loro e con lo spettatore in una soluzione discreta e di continuità. Monika Bravo ha realizzato una installazione digitale con sei pannelli che riproducono immagini della natura e forme geometriche dove i versi del prologo di Giovanni si compongono e si muovono dando diverse prospettive allo spettatore. Mario Macilau, giovane artista del Mozambico e fotografo è rimasto molto colpito dalla parabola del Buon Samaritano e proporrà dodici immagini artistiche di “quello che non vogliamo vedere”, paesaggi che sono discariche, bambini che lavorano, tutto quello che si svolge in strada sotto i nostri occhi e noi facciamo finta di non vedere e passiamo oltre nella nostra indifferenza. E finalmente gli ultimi saranno lì fotografati e immobili per essere visti. Elvida Hazdi Vasileva artista macedone proporrà un’opera che ricorda “la tenda del Signore” con elementi organici, pelli ed elementi di scarto riassemblati e rivisitati come un paesaggio di nuova vita e incarnazione.
COSTO 400MILA EURO, COPERTO DA SPONSOR
“L’arte è dialogo e apertura di sensibilità – ha detto Paolo Baratta – presidente della Biennale – la Biennale ha questo obiettivo di aprire nuovi orizzonti e in questa edizione ci concentreremo sul presente e sulla storia di oggi per questo siamo contenti che anche la santa sede abbia deciso di continuare a tenere aperto il dialogo con lo spettatore”. Il padiglione della Santa Sede avrà un costo di circa 400mila euro coperto dagli sponsor e le opere a fine mostra entreranno nella collezione di arte contemporanea dei Musei vaticani.
“L’arte è dialogo e apertura di sensibilità – ha detto Paolo Baratta – presidente della Biennale – la Biennale ha questo obiettivo di aprire nuovi orizzonti e in questa edizione ci concentreremo sul presente e sulla storia di oggi per questo siamo contenti che anche la santa sede abbia deciso di continuare a tenere aperto il dialogo con lo spettatore”. Il padiglione della Santa Sede avrà un costo di circa 400mila euro coperto dagli sponsor e le opere a fine mostra entreranno nella collezione di arte contemporanea dei Musei vaticani.