Non solo Art Basel Paris, anche Asia Now e Akaa

Nell’intenso weekend della capitale francese non sono passate inosservate due fiere dedicate all’Oriente e al Sud del mondo con opere interessanti e «affordable»
Cristina Beltrami, Il Giornale dell'Arte, 21 October 2024
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Buone le vendite sin ora da questo lato della Senna mentre nelle stesse date (17-20 ottobre) dalla parte opposta della città, a Le Carreau du Temple nel Marais, un’altra fiera ci ricorda come in un continente, Also Known As Africa (Akaa), esista una scena artistica quanto mai vivace. Già ne avevamo avuto idea dalla scorsa Biennale Architettura curata dalla anglo-ghanese Lesley Lokko nonché da alcuni artisti come El AnatsuiLynette Yiadom-Boakye o Odili Donald Odita che da anni animano il panorama artistico internazionali e non a caso sono presenti anche nella sezione più paludata di Art Basel Paris (Jack Shainman Gallery).
Qui, lontani dal Gran Palais, tutto assume una dimensione più domestica, con opere che si lasciano conoscere. È facile tracciare due tratti che accomunano molte delle gallerie del progetto Akaa: l’accensione cromatica e una marcata materialità. Due aspetti che si riconoscono sia negli artisti che appartengono alla storia della cultura africana come Aboudramane Doumbouya, nato in Costa d’Avorio nel 1961, con alcune opere a metà tra scultura e la maquette architettonica, magistralmente allestite da Ablakassa (Abidjan, Costa d’Avorio) sia nei dipinti della trentunenne Lulama Wolf (Thk Gallery, Cape Town) dove la granulosità della tela è data dall’impasto del colore con la terra.
Vincono naturalmente per numero le gallerie francesi specializzate nella promozione di artisti dell’Africa e tra queste, chi ha accolto l’invito di questa fiera ad aprirsi al mondo caraibico è Olivier Waltman che presenta Dayron Gonzales, quarantenne pittore cubano, capace di una rara maestria nella gestione degli equilibri cromatici e dei pesi compositivi come in «Happy Family», ritratto a grandi dimensioni di una famiglia immaginaria (25mila euro).
Le gallerie italiane presenti a Parigi e vicine a questa linea di ricerca sono la milanese Primo Marella Gallery con dei grandi dipinti dell’ugandese mid-career Godwin Champs Namuyimba e la veneziana AKKA Project il cui boot ospita il risultato di un programma di residenza d’artista che la galleria porta avanti da anni: ultima della serie la trentenne Leila Rose Fanner, con alcune tele dall’intensa liricità ispirate alle specie vegetali dei giardini veneziani.
C’è spazio anche per la fotografia con scatti sempre intesi come strumento di denuncia, che siano la serie «Les incompris de la société» della trentenne ivoriana Aurélie Tiffy (110 Galerie Veronique Rieffel, Parigi) o che sia il sofisticatissimo lavoro di Marcelo Brodsky, senior artista attivista argentino rappresentato dalla berlinese Artco, qui con una serie di fotografie che documentano le battaglie portate avanti da Walter Rodney, paladino del pensiero panafricanista. Anche in questo caso i prezzi sono molto ragionevoli ed oscillano tra i 5 ai 7mila euro.
Certamente da un punto di vista finanziario, una volta fuori dal Gran Palais, tutto appare più «affordable».
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